Elia Benamozegh

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Elia Benamozegh (1821-1900) fu il più noto rappresentante del Sefarditismo nell’Italia ebraica dopo l’Emancipazione dal ghetto. È l’epoca della Haskalà, ovvero l’“Illuminismo ebraico” che tentò un’armonizzazione degli insegnamenti tradizionali con la filosofia moderna. La sua preoccupazione è rivolta al rapporto fra gli ebrei e la società cristiana in Europa.

Nato a Livorno da una ricca famiglia di origine marocchina, fu Rabbino Capo di quella Comunità, nonché professore al locale Collegio Rabbinico e pubblicò opere in ebraico, francese e italiano. In esse egli rivela una duplice matrice culturale. Da un lato mostra una marcata influenza della tradizione qabbalistica, da lui considerata genuina espressione del pensiero teosofico ebraico contro il parere di molti studiosi ebrei dell’epoca, che la ritenevano invece una dottrina sostanzialmente estranea all’Ebraismo. Le parole sopracitate si riferiscono alla polemica che Benamozegh ebbe con Shemuel David Luzzatto, docente del Collegio Rabbinico di Padova ed aperto sostenitore della scuola razionalista e critica, nonché con i discepoli di quest’ultimo[10].

La sua opera, in gran parte ancora inedita e che appare rinnovatrice del pensiero ebraico, anche perché viene a costituire, nel suo insieme, tutto un sistema filosofico, è troppo poco conosciuta. […] Il Benamozegh scrisse opere profonde e geniali, dove riappare spesso il pensiero mistico degli antichi Maestri, sì da rendere il Livornese l’ultimo dei cabbalisti degni di questo nome […] Creò tutta una teoria dell’ebraismo, cercò una conciliazione tra scienza e pensiero ebraico, pur mantenendo integro quest’ultimo, sognò un’umanità più felice e migliore mercé quelle che sono le leggi fondamentali del giudaismo – leggi di cui egli si studiò di porre in rilievo l’eccellenza e l’universalità. […] L’opera del Benamozegh segna la ripresa degli «sforzi di creazione intellettuale tra gli ebrei dell’Italia propriamente detta» […]. Quest’opera […] fu continuata nel Collegio Rabbinico di Livorno […] dai suoi discepoli Samuele Colombo e Alfredo Toaff[11].

Membro di una famiglia originaria di Fez, in Marocco, Benamozegh venne allevato nell’alveo della tradizione mistica cabalistica e nel rispetto della tradizione ortodossa dallo zio, Rav Yehuda Curiat. Nel delinearne la figura, il sua allievo Dante Lattes lo giudicò decisamente superiore nel campo dell’elaborazione filosofica del pensiero ebraico a Sadal, e ne lamentò la sostanziale situazione di isolamento in cui visse sia all’interno della comunità di Livorno, sia più in generale nell’ebraismo italiano. […] La presenza del filosofo livornese nel panorama delle lettere e dell’organizzazione culturale in campo ebraico fu costante per tutta la seconda metà dell’Ottocento. Egli compariva con numerosi scritti e interventi giù dai primi anni cinquanta sulla neonata stampa ebraica […][11].

[Il collegio rabbinico di Livorno] ebbe una felice ripresa sotto Elia Benamozegh. Egli era, oltre che teologo, un mistico di un fascino quasi esotico; i suoi insegnamenti filosofici ed apologetici sui principi dell’ebrasimo e sul pensiero cabalistico restarono affidati a pochi ma valenti suoi discepoli e ad opere che in gran parte sono rimaste tuttora manoscritte[12].

Elia Benamozegh costruiva un apparato filosofico fortemente influenzato dall’eredità cabalistica, tentando di accordare il pensiero ebraico con l’idea di progresso[13].

Elia Benamozegh, profondamente convinto che la religione non sia incompatibile con il progresso, partecipa con entusiasmo alle cerimonie del 7 e 8 settembre 1847, che sanciscono la fraternità patriottica dei toscani, senza distinzioni fra cristiani ed ebrei[14].

Benamozegh probabilmente esercitò un’influenza almeno indiretta sul pensiero di alcuni esponenti di spicco del Romanticismo e del Risorgimento italiano con il suo umanesimo religioso, primo fra tutti Giuseppe Mazzini.

[10] http://www.mosaico-cem.it/articoli/cultura/elia-benamozegh-tra-mistica-ed-etica-lultimo-filosofo-dellebraismo-italiano
[11] Guido Bedarida, Ebrei d’Italia, Società Editrice Tirrena, Livorno, 1950, p. 116.
[12] Corrado Vivanti (a cura di), Storia d’Italia. Annali. Gli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1997, p. 1227
[13] Attilio Milano, Storia degli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1963, p. 621.
[14] Corrado Vivanti (a cura di), Storia d’Italia. Annali. Gli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1997, p. 1228.
[15] Corrado Vivanti (a cura di), Storia d’Italia. Annali. Gli ebrei in Italia, Einaudi, Torino, 1997, p. 1065.

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