La prima guerra mondiale

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La Prima Guerra Mondiale fu per gli ebrei il culmine del loro percorso di acquisizione di cittadinanza, una presa d’atto che finalmente si era eguali fra eguali a combattere per la difesa di una patria. Furono animati da un forte senso di patriottismo in ogni Paese. Tuttavia, fu anche un punto di svolta per il continente europeo, visti gli strascichi enormi che si portò dietro.
Il conflitto svoltosi tra il 1914 e il 1918 ridisegnò i confini dell’Europa. Sancì la fine degli imperi tedesco, austro-ungarico, russo e ottomano, e portò alla definizione di nuovi stati in Europa Orientale, talvolta totalmente inediti (come la Cecoslovacchia o la Jugoslavia) o assenti dal panorama internazionale da secoli (come la Polonia o i Paesi baltici). Queste nuove frontiere erano state tracciate a tavolino dai vincitori nella Conferenza di Versailles del 1919, senza tenere sufficientemente conto del principio di nazionalità. In questo quadro inedito, le ripercussioni si fecero sentire anche nel mondo ebraico.
Nel periodo interbellico, la fragilità del nuovo assetto europeo esasperò le tensioni nazionalistiche favorendo i gruppi di estrema destra, spesso razzisti e antisemiti. Queste circostanze resero particolarmente precaria la situazione degli ebrei in Paesi come la Polonia, la Romania, l’Ungheria.

Il problema delle minoranze divenne un problema centrale nella vita degli Stati est europei tra le due guerre: minoranze in lotta fra loro, o alleate fra loro contro la nazionalità dominante […]. Ne derivava un nazionalismo esacerbato, che rappresentava l’ideologia dominante di questi paesi nei decenni tra le due guerre[49].

In Russia, la rivoluzione bolscevica del 1917 e la successiva nascita dell’Unione Sovietica avevano provocato uno stravolgimento politico, economico e sociale. Nel nuovo stato furono riconosciuti agli ebrei i diritti civili, ma si verificò un nuovo tipo di ostilità, legata al ruolo delle religioni nello stato socialista. Inoltre, dopo la morte di Lenin (1924), l’ascesa di Stalin segnò un ritorno dell’antisemitismo, anche se le vittime del dittatore georgiano finirono per confondersi con le purghe e le deportazioni nei gulag di tutti gli oppositori al regime, veri o presunti che fossero.

I bolscevichi, ostili a qualsiasi formazione politica che non fosse la loro, non risparmiarono certo i partiti ebraici. I militanti del Bund e degli altri partiti ebraici di sinistra furono costretti a confluire nel partito comunista, il sionismo fu duramente combattuto e nel 1928 messo fuorilegge, le kehilot [comunità] sciolte nel 1919, e sostituite da organi ebraici dentro il partito comunista. La religione ebraica condivise la sorte delle altre religioni, sottoposte ad una vasta campagna persecutoria. Anche la lingua ebraica fu messa fuorilegge, come lingua della religione e degli antichi gruppi dirigenti. […] Le grandi purghe degli anni Trenta colpirono fortemente i dirigenti comunisti ebrei e in genere quanti avevano sostenuto la politica delle nazionalità[50].

[49] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.33.
[50] Anna Foa, Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2009, p.38-39.

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