L’affaire Dreyfus

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L’antisemitismo nella Francia di fine ‘800 fu un efficace strumento politico per armonizzare le divergenze fra le diverse forze e per conquistare le masse. Lo scoppio di alcuni scandali finanziari (in cui talvolta furono coinvolti anche degli ebrei) alimentarono la diffidenza e portarono molti a manifestare contro la “finanza ebraica”. La colpevolizzazione degli ebrei era però solo una risposta facile e fuorviante per scaricare le responsabilità su un capro espiatorio.
In questo contesto avvenne una vicenda destinata a segnare la storia del popolo ebraico: l’affaire Dreyfus, l’ufficiale ebreo dell’esercito francese accusato di tradimento e condannato solo perché ebreo, e considerato quindi sleale nei confronti dello Stato. La sua religione e le sue mansioni (era addetto al servizio informazioni) lo resero perfetto capro espiatorio in una società in crisi quale quella francese di fine ‘800, ossessionata dal revanscismo nei confronti della Germania dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan nel 1870.

In nome di questa presunta ragione dello Stato, della Francia della Terza Repubblica, la sorte di Alfred Dreyfus, capitano del 14° Reggimento di artiglieri, addetto allo Stato Maggiore generale al Ministero della Guerra, comandato al primo ufficio di artiglieria, quarantotto anni, coniugato, due figli, israelita, d’origine alsaziana, era segnata. Sin dall’inizio[45].

L’accusa fu architettata da un gruppo di ufficiali dello stato maggiore coperti dal ministero della guerra. Fu degradato e condannato all’ergastolo nel 1895, nonostante fossero portate prove false contro di lui. Questo processo e la relativa sentenza fomentarono l’odio antiebraico nella popolazione. Nel 1897 emersero altri colpevoli e fu provata l’innocenza del militare ebreo, ma, nonostante alcuni appelli pubblici (su tutti quello dello scrittore Emile Zola che pubblicò il suo “J’accuse”), il processo fu riesaminato solo alcuni anni più tardi e Dreyfus fu completamente riabilitato nel 1906.

Qual macchia di fango sul nome vostro codesto abominevole affare Dreyfus! […] Un uomo nefasto ha tutto organizzato, tutto fatto, il colonnello du Paty de Clam, allora semplice comandante. […] Carte rubate, lettere anonime, appuntamenti in luoghi deserti, donne misteriose che portano di notte le prove schiaccianti[46].

Fa spavento la terribile luce gettatavi dall’Affare Dreyfus, dal sacrificio umano di un disgraziato, di un “sudicio giudeo!” Ah quanta demenza e bestialità, quali pazze fantasticherie, quali pratiche di bassa polizia, di usi di inquisizione e di tirannide, a maggior soddisfazione di quei gallonati che si pongono la nazione sotto gli stivali, ricacciandole in gola il suo grido di verità e di giustizia, sotto il menzognero e sacrilego pretesto della ragione di Stato![47].

Il processo Dreyfus fu importante anche per un’altra ragione. Tra i giornalisti presenti c’era Theodor Herzl, ebreo viennese che rimase particolarmente scosso dalla vicenda. Nonostante egli fosse ben integrato nella società, gli venne un dubbio: se pure un Paese liberale come la Francia era ostile agli ebrei, dove mai si poteva sperare di essere accettati in Europa? Sarebbe stato il primo impulso alla nascita del movimento sionista[48].

[45] Emile Zola, Io accuso, Bonanno Editore, Acireale, 1988, p.13.
[46] Emile Zola, Io accuso, Bonanno Editore, Acireale, 1988, p.47-49.
[47] Emile Zola, Io accuso, Bonanno Editore, Acireale, 1988, p.62.
[48] Si veda l’unità sul sionismo, paragrafo “Il sionismo”.

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